Vajont – il Respiro della Memoria
[…] Era di notte, aggredite dal crollo
esplosero le acque verso l’alto a strappare le case di Erto e Casso
dai pendii a meridione e poi di nuovo in giù, acque su acque,
oltre la muraglia-sgabello a sradicare a valle Longarone,
lago, fiume e tempesta di Vajont, duemila nostri spenti. […][…] Non giocare con l’acqua,
non chiuderla, frenarla, è lei che scherza
dentro grondaie, turbine, ponti, risaie, mulini e vasche di saline.
È alleata col cielo e il sottosuolo,
ha catapulte, macchine d’assedio, ha la pazienza e il tempo […]
Erri de Luca
Di tempo ne è passato, da quel terribile 09 ottobre del 1963. Ciononostante, il ricordo della tragedia del Vajont rivive negli occhi dei sopravvissuti, nelle testimonianze di chi ha perso famigliari e averi, nella diga stessa, rimasta intatta mentre interi villaggi venivano spazzati via in pochi attimi dannati. Numerose sono le ricostruzioni oggettive e precise di quanto accaduto, dalla decisione della ditta SADE di Venezia di intraprendere il progetto del “Grande Vajont”, alla scoperta di pericolose frane identificate negli anni precedenti la tragedia, a fenomeni sismici preoccupanti avvertiti dalla popolazione di Erto e Casso nei mesi precedenti il disastro… alla scellerata decisione di effettuare procedure di invaso e svaso nonostante il quadro terribile che si andava delineando nell’estate del 1963. Come è già stato ampiamente provato, e come nel 2008 ci ha ricordato l’Assemblea delle Nazioni Unite, la tragedia del Vajont poteva essere evitata: una valutazione scellerata ha invece permesso che l’onda causata dalla frana del Monte Toc travolgesse 1910 vite in 4 minuti.